Due Premi Nobel per il ruolo di FoxO3 nella riprogrammazione neuronale

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 10 settembre 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’oggetto della presente recensione è uno studio condotto da un gruppo di ricerca costituito da membri di eccezione, fra i quali spiccano i due Premi Nobel per la Fisiologia o la Medicina, Stanley B. Prusiner, insignito nel 1997 del massimo riconoscimento scientifico per la scoperta dei prioni, e Thomas C. Südhof, che ha ricevuto lo stesso premio nel 2013 per le sue scoperte relative all’apparato di regolazione del traffico delle vescicole, uno dei principali sistemi di trasporto delle nostre cellule. In precedenza, questi ricercatori ed altri da loro indipendenti, avevano dimostrato che i fibroblasti neonatali ed embrionali possono essere direttamente convertiti in cellule neuroniche indotte (iN, da induced neuronal) con proprietà funzionali mature. Da allora, sono stati condotti molti studi in questo campo, ma la riprogrammazione di fibroblasti provenienti da topi adulti ed anziani non è mai stata studiata in dettaglio; pertanto, vi hanno provveduto gli autori dello studio qui recensito, giungendo a conclusioni di notevole interesse.

(Ahlenius H., et al. FoxO3 regulates neuronal reprogramming of cells from postnatal and aging mice. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1607079113, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Institute of Stem Cell Biology and Regenerative Medicine and Department of Pathology, Department of Molecular and Cellular Pathology, Department of Genetics, Howard Hughes Medical Institute, Stanford University School of Medicine, Stanford, California (USA); Institute for Neurodegenerative Diseases, Department of Neurology, Department of Biochemistry and Biophysics, University of California, San Francisco (USA).

Il nome FOXO3 deriva da quello della vasta famiglia di geni FOX ripartita in sottogruppi contrassegnati dalle lettere dell’alfabeto dalla A alla Q. FOX sta per fork head box, che si riferisce ad una particolare sequenza presente in molti geni, e le cui mutazioni danno luogo nel moscerino della frutta Drosophila melanogaster ad una caratteristica deformazione a forchetta della testa dell’embrione, da cui il nome[1].

La famiglia di fattori di trascrizione forkhead box O (FOXO) è una famiglia di proteine, conservate nel corso dell’evoluzione, che si legano al DNA e rispondono a un variato set di segnali cellulari. La proteina umana esaminata in questo studio, della quale sono state identificate varianti da splicing alternativo, è in genere indicata con l’acronimo FOXO3 o FOXO3a; la molecola proveniente da Drosophila melanogaster si distingue con la sigla dFOXO e quella di Caenorhabditis elegans è detta Daf16. Il gene umano di FOXO3 è sito sul cromosoma 6 a 108.88 – 109.01 Mb.

Nel loro insieme, le proteine FOXO sono fattori di importanza cruciale nella regolazione dell’omeostasi cellulare e presentano un ruolo filogeneticamente conservato nel modulare l’adattamento dell’organismo all’ambiente e il suo invecchiamento. È difficile rendere sinteticamente quanto sta emergendo dalla ricerca sui possibili ruoli di FOXO nella fisiologia e nella patologia umana, anche perché sono numerosi, eterogenei e talvolta inaspettati i risultati che si impongono all’attenzione della comunità neuroscientifica. Ad esempio, uno studio di Alexi Nott e colleghi, che sarà pubblicato su Nature Neuroscience ed è stato proposto in AOP lo scorso 18 luglio, ha rivelato una partecipazione inattesa. In breve: mutazioni in MECP2 causano la sindrome di Rett; Nott e colleghi dimostrano che un complesso MECP2-HDAC3 regola positivamente un sottoinsieme di geni neuronici attraverso il reclutamento di FOXO e la deacetilazione, e dimostrano anche che la perdita di HDAC3 contribuisce ai deficit cognitivi e sociali dei topi; infine, cellule derivate da pazienti con sindrome di Rett presentavano simili deficit trascrizionali mediati da HDAC3-FOXO[2].

Fra i numerosi ruoli riconosciuti a questa famiglia di proteine vi è la regolazione dell’interferenza dell’RNA, dimostrata in Drosophila, e la protezione da infezioni da virus a RNA[3]. FOXO3 media l’autofagia indotta da ipossia nei cardiomiociti, in particolare nelle cellule H9C2 del ratto[4], interviene in passi fondamentali dell’eritropoiesi terminale[5] e promuove la quiescenza nelle cellule staminali del muscolo nell’adulto, durante il processo di autorinnovamento[6].

FOXO3 ha un ruolo nell’invecchiamento fisiologico ed è stato associato alla longevità; infatti, alcune sue mutazioni sono caratteristicamente presenti nei centenari.

Consideriamo ora il presupposto dal quale ha preso le mosse il progetto di ricerca di Ahlenius, Chanda, Prusiner, Südhof e colleghi.

La diretta riprogrammazione di cellule non neuroniche in cellule neuronali indotte (iN, da induced neuronal) è di grande interesse per le sue potenziali applicazioni nella creazione di modelli di malattie neurologiche, secondo un approccio ben definito e collaudato con cellule embrionarie e di animali neonati, ma sostanzialmente inesplorato con soggetti adulti ed anziani. I ricercatori hanno valutato la possibilità che le cellule iN possano essere generate efficientemente anche da animali in fase di invecchiamento. La verifica sperimentale ha confermato questa possibilità evidenziando, però, che i blocchi dovuti all’età, che dipendono dal fattore di trascrizione FoxO3, interessano l’efficienza di riprogrammazione e la maturazione funzionale delle proprietà delle cellule iN. L’eliminazione di questi blocchi può essere utile per creare modelli di disturbi neurologici legati all’età, usando le cellule iN.

La possibilità di generare cellule iN completamente funzionanti da organismi anziani è di un’importanza straordinaria per la realizzazione in vitro di modelli di malattie neurologiche caratteristiche dell’età senile. Prusiner, Südhof e colleghi hanno dimostrato la possibilità di sviluppare cellule iN da fibroblasti ottenuti da topi in un’epoca della vita prossima al compimento dell’arco temporale biologico di esistenza media. Lo studio accurato degli elementi citologici iN prodotti da topi anziani ha rivelato la presenza delle proprietà fisiologiche attive e passive della membrana neuronale, e l’osservazione ha messo in evidenza l’estesa ed abbondante formazione di connessioni sinaptiche.

Lo studio ha consentito di rilevare che l’efficienza di riprogrammazione gradualmente decresceva con fibroblasti derivati da topi nello stadio embrionale e neonatale, ma rimaneva simile per i fibroblasti provenienti da topi post-natali di qualsiasi età.

Sorprendentemente, l’iperespressione del citato fattore di trascrizione FoxO3, che è implicato nell’invecchiamento, determinava il blocco della conversione di fibroblasti in cellule iN, mentre il knockout o il knockdown di FoxO3 accresceva l’efficienza di riprogrammazione di fibroblasti derivati dall’adulto, ma non di quelli provenienti dall’embrione, ed anche promuoveva la maturazione funzionale delle cellule iN generate.

Da queste importanti evidenze i ricercatori deducono che FoxO3 ha un ruolo centrale nella suscettibilità alla riprogrammazione neuronale delle cellule, e che l’importanza di FoxO3 sembra mutare durante lo sviluppo.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-10 settembre 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Cfr. FOXP2 e la Parola, nella sezione “In Corso” del sito.

[2] Nott A., et al., Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.4347, 2016.

[3] Cfr. Spelberg M. J. & Marr M. T., Proceedings of the National Academy of Sciences USA 112 (47): 14587-92, 2015.

[4] Chi Y., et al. Bioscience Report Jun 17; 36 (3). Pii: e00345. doi: 10.1042/BSR20160091. Print 2016 Jul.

[5] Liang R., et al., PLoS Genetics 11 (10): e1005526, 2015.

[6] Gopinath S. D., et al. Stem Cell Reports 2 (4): 414-426, 2014.